La vita che desideri: intervista agli autori

Per il mese del Pride abbiamo scelto di approfondire alcune tematiche con uno dei nostri graphic novel LGBTLa vita che desideri, di Francesco Memo e Barbara Borlini, che tratta un tema come quello dell’omosessualità su uno scenario tragico come quello della Seconda guerra mondiale. 

Abbiamo fatto loro qualche domanda in merito al tema e al loro graphic novel.

La vita che desideri è un graphic novel su temi come la violenza pubblica e privata, la Shoah, le leggi razziali, e le deportazioni in un’epoca di forti tumulti e cambiamenti: perché la scelta di inserire, in questo scenario già di per sé complicato, un personaggio come Giulio, un soldato omosessuale?

Perché ci permette di tenere insieme questa complessità. L’omosessualità di Giulio, ma anche di altri personaggi del fumetto, non è un elemento in più, di cui si può fare a meno. Senza l’amore tra uomini l’edificio che abbiamo
costruito non potrebbe stare in piedi. Questo perché l’omosessualità, e per contrasto l’immagine dell’uomo virile, assumono un ruolo centrale nel periodo storico di cui ci occupiamo. Pensiamo ad un caso recentemente assurto all’attenzione pubblica: i trascorsi africani di Indro Montanelli, in particolare il cosiddetto madamato, ovvero il fatto che i soldati fascisti in Etiopia acquistavano delle donne locali (spesso bambine) come
schiave sessuali e di fatica. Cosa c’entra questo con il nostro libro? C’entra perché ci parla di un’idea di una mascolinità dominatrice, sprezzante della docilità degli inferiori: donne, razze sottomesse e naturalmente omosessuali. Contro la quale, in modi diversi, i nostri personaggi si relazionano.

Giugno è il mese del Pride che ogni anno ricorda l’importanza di rivendicare i diritti delle persone omosessuali, bisessuali, transessuali ecc., che rappresentano ancora una realtà vittima di discriminazioni: come è possibile educare oggi i lettori, anche più giovani, a queste tematiche?

Non sappiamo come poter educare, ma certamente essere consapevoli di ciò che è stato è un primo passo. Anche perché se è vero che quell’idea di maschio e virilità oggi non è più l’unica, per fortuna, questo non
significa che essa sia assente nella realtà odierna. Ha assunto forme meno visibili e aggressive (anche se i casi di aggressioni anti-gay sono purtroppo frequenti, per non parlare della violenza sulle donne), ma è
ancora viva. Magari non incede più sfrontata alla luce del sole ma è comunque insidiosa, come un nemico che si muove tra noi rovinando la vita di molti e molte. Essere consapevoli, quindi, di chi nel passato si è battuto contro questi ideali negativi in nome della libertà di scegliere chi amare e desiderare. Come nel libro fa Florian, un attore di kabaret en travesti che si trova catapultato in trincea: con la sua sola presenza fisica eversiva riesce a sbriciolare tutta la retorica militare e guerresca che lo circonda.

Ricordare è un bisogno sempre più urgente oggi, perché è importante conoscere il proprio passato per poter costruire il futuro. La memoria acquisisce un valore importante nel vostro graphic novel, attraverso cui fate una sorta di lavoro di archivio per permettere anche a chi non ha vissuto queste esperienze di conoscerle e ricordarle. Perché avete scelto il fumetto? Il suo linguaggio secondo voi può aiutare in questo senso?


Potremmo cavarcela dicendo che il fumetto è una delle forme di espressione più versatili che esistano. Permette di affrontare ambienti, temi e situazioni storiche complesse con mezzi in fondo estremamente semplici ed
efficaci. I graphic novel storici sono non a caso un filone molto ricco che annovera alcuni libri fondamentali come Maus di Spiegelman, Berlin di Lutes ma anche I solchi del destino di Paco Roca e Magasin général di Loisel e
Tripp. Ma la verità è che non siamo noi che scegliamo le forme artistiche, sono loro che scelgono noi.

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