Laura Scarpa è fumettista, illustratrice, editrice e un punto di riferimento per la didattica del fumetto. È stata direttrice del mensile scuola di fumetto, fondatrice dei primi corsi di fumetto online per tutti, sul modello delle lezioni per corrispondenza del secolo scorso e ha portato il fumetto sulle scrivanie di bambine e bambini durante la pandemia grazie a una serie di incontri gratuiti a distanza. Iniziativa che ancora prosegue, tutte le domeniche alle ore 18 sulla sua pagina Facebook: Io fumetto e tu? 

 

In questi giorni ho realizzato che sono passati vent’anni da quando ho messo piede per la prima volta in una scuola elementare per parlare di fumetto. Ancora non avevo chiaro neanche io cosa mi riservasse il futuro professionale ma credo che incontrare quei duecento bambini nella sala mensa mi abbia dato un imprinting abbastanza forte. Ciao Laura, benvenuta a “Una vignetta alla volta”, ti ricordi quando sei entrata in una classe a parlare di fumetto per la prima volta?

Abitavo ancora a Venezia, avevo pubblicato i miei primi libri e stavo lavorando con un editore siriano per bambini e con illustrazioni per bambini… ipotizzo fosse il 1980, ‘81… Non ricordo come entrai in contatto con una scuola che aveva 3 classi interessate, 3ˆ, 4^ e 5^. Maestre molto attive. Tenni due lezioni teoriche a una folla di ragazzini (credo fossero di più di quelle 3 classi) e fu un’esperienza magnifica, che ripetei poche volte e mai così appassionante come quella. Ma quando oggi parlo alla mia folla di bambini online, sento lo stesso desiderio e la stessa capacità di ascolto e partecipazione.

                                      

 

Qual è il ricordo che ti porti dentro da quell’esperienza?

Ci furono vari bambini che mi comunicarono molto, e soprattutto che mi fecero capire le loro differenze, le loro personalità. Credo sia stata la cosa bella, che ognuno si appropriò a modo suo del fumetto. Ma ci fu un episodio che mi è rimasto scolpito, un bambino che… non vidi.
Il sistema era che io avevo fatto tutta la mia lezione a allievi e maestri, poi le tre maestre avevano fatto lavorare i bambini di tre classi sul creare un personaggio animando oggetti, perlopiù. Poi in ogni classe io arrivavo e si lavorava assieme a fare il fumetto. Un bambino però, nella quinta credo, non c’era… rimasto a casa con l’influenza, ma aveva fatto il personaggio e anche la storia e ci teneva che la vedessi. Quella storia l’ho ridisegnata quasi uguale anni dopo, perché non la dimenticherò più. Il personaggio era fatto di fucili (era un cowboy), il che gli dava l’aria di una strana croce di legno e ferro. Sfondo delle 4 vignette di colori intensi, forti. Il cowboy-pistolero si vede allo specchio, crede sia un altro pistolero, gli spara e così facendo si uccide. Qualche anno prima il bambino aveva perso entrambi i genitori sotto il terremoto del Friuli, 1976.

 

                                              

 È successo qualcosa che non ti aspettavi, qualcosa che ti ha sorpreso?

Quello che imparai, lo stavo dicendo poco fa… è che ogni bambino aveva la sua strada e un suo sentire, che esprimeva attraverso il fumetto. La bambina più matura e materna disegnava la storia per i più piccoli, la ragazzina curiosa e colta, aveva creato un mondo di gatti con il capo che si chiamava Beethoven ed esprimeva una grande gioia di vivere, il ragazzino in piena crescita, ma ancora lontano dall’essere adulto, inventava un pianeta senza femmine. La maestra era una donna intelligente e aperta, ma voleva convincerlo che le donne sono necessarie… io invece pensavo che nella fantascienza possono non esserlo, e che lasciar sfogare il bambino nel suo sogno maschilista a fumetti, poteva essere utile.

Capii che anche i migliori maestri, non sono preparati al disegno, hanno paura e frenano i bambini, o li lasciano liberi solo senza vincoli, nel colore e nelle macchie… a un bambino di 10 anni spiegavo che forse poteva disegnare una sedia come la vedeva, con un ripiano e 4 gambe, e non come un 4, la maestra mi fermò “non può imparare la prospettiva a questa età” ma non parlavo di prospettiva. Mi pare fosse lo stesso che mi chiese come disegnare tante persone assieme… i bambini hanno voglia di andare avanti – facendolo come riescono e sanno fare – ma guardando avanti, assorbendo la vita in ogni aspetto.

 

Quella del fumetto nelle scuole e del lavoro con l’infanzia è stata un’attività che hai portato avanti con costanza fino a oggi? Quali sono le differenze che noti essere più lampanti tra il raccontare il fumetto allora e adesso?

 

No, è stata alterna. Ho lavorato con bambini delle elementari in diverse occasioni, ma irregolarmente. La differenza è di epoca, certo, ma anche di gruppi e di momenti e… scuole. Quello che ho notato con grande tristezza è stato il momento in cui arrivarono i Pokemon. Era proprio il momento del grande boom. Una classe milanese, chiese quasi solo di disegnare quelli, e fin lì era simpatico e naturale, quello che vidi (dipendeva dall’insegnamento? o da cosa?) è che invece non riuscivano a inventare storie… e gli unici che lo fecero con grande impegno e espressività furono un paio di bambini di origine straniera e un ragazzino problematico. Gli altri non sapevano né volevano inventare.

Ho poi, da molti anni, avuto un’interessante esperienza continuativa insegnando a bambini di ogni età, assieme a giovani e adulti, a Rimini Comix. Quello che capisci è che si riproducono schemi esistenti, di fumetti che leggono o giochi. Ma sotto è interessante come si fa largo la personalità di ognuno.

Nel 1990 ho cominciato a fare fumetti per bambini, sul «Corriere dei Piccoli» e su «Snoopy», e sentivo la risposta dei lettori, confermata negli anni, visto che anche a distanza di tempo ho trovato molti miei ex-fan… e oggi Sara dai capelli Blu, nata sul Corrierino, rinasce a nuova vita grazie alle mie “lezioni” su Internet.

Con la tua scuola sei stata una pioniera dell’insegnamento online e, durante il lockdown, sei stata anche qualcosa in più per tante bambine e tanti bambini con la passione per il fumetto. Mi racconti quest’esperienza?

Sono stata la prima, credo in Europa, a creare A Scuola di Fumetto Online, 12 anni fa, ispirandomi al modello americano e a quello “postale”. Un metodo che oggi sto aggiornando, con le nuove modalità a disposizione, ma che ha dato buoni frutti, dando vita a qualche bravo autore professionista, sia sceneggiatori che disegnatori. Per i bambini però quel metodo non era applicabile. Li consideriamo grandi smanettoni, ma lo sono su un certo livello di fruizione, più da spettatori o giocatori. Quando è scattato il lockdown, mi pare le scuole avessero chiuso qualche giorno prima. Premetto che credo di essere una discreta autrice per bambini, perché ho una forte memoria della mia infanzia, intendo memoria di quello che pensavo e sentivo da bambina, diverso dal mio sentire ora, ma nitido nel ricordo.

Per questo mi sono immediatamente immedesimata in bambini che non potevamo andare a scuola, nella vita sociale, e che non capivano perché restare prigionieri, con la preoccupazione di un “VIRUS” che era tutto attorno a loro, e con notizie mortali alla televisione, di continuo. Ho pensato di dare loro un appuntamento che ritmasse la loro giornata e li portasse fuori dalla paura. Il disegno e il fumetto, sia letti che fatti hanno questo potere enorme. So disegnare e insegnare fumetto, ho cominciato a fare delle dirette quotidiane, senza sapere cosa sarebbe successo il giorno dopo, e tenendo in mano il vecchio cellulare. Volevo che la giornata non fosse tutta uguale e che ci fosse qualcuno che parlava loro di cose belle. Lo feci sulla pagina Facebook del manuale che si rivolge ai bambini dai 7 anni in su, “lo fumetto, e tu?”.

La creatività permette di liberarsi di nodi. Prima ci furono delle “lezioni” più legate al disegno, al fumetto, ai codici, ai personaggi… poi li spinsi a usare quello che stavamo vivendo, la casa, la finestra verso il fuori… poi naturalmente è rispuntata Sara(h), e con il genio e altri amici abbiamo vissuto insieme tante avventure, costruito giochi, inventato assieme storie. Ogni giorno per più di due mesi. Riaperte le scuole ho gradualmente rallentato, ma continuo ogni settimana, e anche ora sbuca qualche nuovo bambino che scopre adesso e si mette a seguire il corso della lezione n.1, o altri che rivelano di seguirle dall’inizio.

Il numero è altissimo perché sono comparsa a Uno Mattina, e poi mi ha citata anche il TG1, e così moltissimi sono arrivati, da 200 o 300 sono passata a 7000. Con alcuni bambini e mamme il rapporto è stato quasi personale… il mio libretto Il mondo in una stanza racconta questa esperienza, che voglio continuare, anche se farla durare ormai oltre 100 lezioni, non mi è facile.

 

Qual è l’esercizio che proponi per far innamorare i bambini del fumetto?

Non c’è uno schema, i bambini sono pronti ad amare il fumetto. Creare un personaggio è l’inizio, guardarsi allo specchio facendo smorfie, o creando luci e ombre strane… il corpo è sempre coinvolto nel disegno, e il proprio corpo per il bambino è importante. Poi inventare una situazione un poco misteriosa (chi apparirà? Chi ha parlato? Cosa ci sarà in quella scatola?)… porre domande  è sempre stimolante, non bisogna dare risposte, bisogna fare assieme.

 

                                                   

 

 

Un consiglio per le maestre e i maestri che vogliono introdurre il fumetto a scuola?

Prima di tutto leggere fumetti… quelli per bambini, ma anche fumetti per noi adulti. Oggi se si cerca in una libreria ben fornita si possono trovare titoli vari e adatti ai vari gusti e interessi. E non pensare che il bambino arrivi solo fino a là… meglio errori cercando di saltare fossi… Capisco che un insegnante che non sa disegnare, diciamo così, si senta bloccato. Ma il fumetto è avventura e dialogo. Non è importante il bel disegno, è più importante la libertà creativa e l’osservazione del mondo. Il fumetto può essere usato per aiutare l’apprendimento della storia, o di una lingua straniera, ma soprattutto è uno sguardo per capire il mondo. Sarah ha attraversato i continenti con la fantasia, è così che ha scoperto l’arte australiana o dei Maya, e che ogni persona può esserle amica. Ma il bambino deve esprimere le sue paure e le sue antipatie, e non va censurato, il fumetto può essere di grande aiuto per capirlo e aiutarlo ad capirsi, ma anche spingerlo fuori dal suo io a scoprire il mondo.

Dunque, chi insegna dovrebbe leggere fumetti e leggere libri sul fumetto e manuali per bambini, ma soprattutto comprendere che il fumetto è racconto per immagini, e non inibirsi per un disegno fatto male, senza fermarsi a copiare disegnini preconfezionati per le scuole, quelli sono inutili, anzi, dannosi.

Concludiamo con tre titoli a fumetti per bambine e bambini delle elementari? 

Topolino, certo, ma non solo, Pimpa per i più piccoli, Asterix per i più grandi…  Sono editrice, non posso escludere i libri che ho pubblicato, ben convinta che fossero importanti. Il mago di Oz, di Brandoli e Queirolo (comicOut), è splendido dai 5 agli otto anni, affascina con colori, avventura e ironia. Il fascino di una storia senza parole, che racconta la vita, la solitudine e l’amicizia di una bambina sorda, può avvicinare a chi ha difficoltà ma anche farsi leggere dai bambini stranieri… il disegno di Cécile Bidault (La voce delle cose, ComicOut) ha un fascino che non è solo per bambini…

Dai 7 anni in su, nella scuola, avere delle storie brevissime, che propongono dei gialli e che avvicinano alla lingua inglese , è molto divertente e motivazionale… dunque abbiamo pubblicato di Tognetti e Pelizzari, Shellrock Homes, un simpatico detective che si ispira al suo quasi omonimo. Non sono molti oggi i fumetti per bambini, ma stiamo cominciando a occuparcene, come ComicOut stiamo aprendo una nuova collana, che unisce silent book e fumetti “parlati”. Un altro fumetto che consiglierei in primaria è la serie Ariol, di Emmanuel Guibert, oggi edita da Becco Giallo, La casa di notte, per riscoprire il fascino della propria casa di Joub e Nicoby e il tuo Timothy Top…

 

Per la rubrica Una vignetta alla volta Gud dialoga con i professionisti del settore su fumetto e didattica. Scopri di più:

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